27/01/2023
Uno sguardo al futuro: il finanziamento della sanità in Italia
La prima Legge di Bilancio della XIX legislatura, approvata il 29 dicembre scorso a poco più di due mesi dall’insediamento del nuovo Esecutivo, aveva il non facile compito di definire il ruolo della salute nell’agenda politica italiana dopo due anni di pandemia in cui cittadini e decisori politici hanno maturato una certa consapevolezza sul valore della salute quale driver di crescita economica e sociale e, parallelamente, il livello di finanziamento del Fondo Sanitario Nazionale in percentuale al PIL, complice un significativo aumento della spesa per far fronte all’emergenza e un altrettanto significativa contrazione del PIL, è cresciuto a un ritmo più sostenuto rispetto al periodo precedente.
D’altra parte, quando la pandemia sembrava sotto controllo, una situazione geopolitica globale complessa ha contribuito ad alimentare anche nel nostro Paese un clima di grande incertezza e instabilità economica che, con la crisi energetica e un’inflazione che in Italia a dicembre ha raggiunto l’11,6%, ha portato a un forte rallentamento della ripresa in atto. Minore crescita del PIL ed elevati livelli di indebitamento si traducono in minori risorse da destinare a servizi e settori indispensabili per il Paese, a partire dalla sanità, che è in una fase di profonda trasformazione e innovazione nella sfida di rispondere ai nuovi e crescenti bisogni di salute della popolazione.
L’Italia, infatti, sta vivendo un “inverno demografico” senza precedenti, con una popolazione che, a causa dell’aumento dell’età media, pari oggi a 46,2 anni, e della contestuale diminuzione del tasso di natalità, che nel 2022 ha toccato il record negativo di 6,8 nati per 1.000 abitanti, è sempre più anziana e fragile. D’altra parte, l’incremento dell’età media della popolazione, insieme alla diffusione dei fattori di rischio comportamentali – fumo, sedentarietà e alimentazione scorretta – e socio-ambientali – cambiamenti climatici e inquinamento – favorendo la diffusione di patologie croniche ad alto impatto, di cui oramai soffrono 9 over-75 su 10, mettono a dura prova l’offerta e l’organizzazione dell’assistenza sanitaria, ma anche la sostenibilità economica-finanziaria del sistema da qui ai prossimi decenni.
Su queste premesse, la manovra 2023 prevede per l’anno in corso un aumento di 2,150 miliardi di euro del Fondo Sanitario Nazionale che, coi 2 miliardi già stanziati nella precedente Legge, salirà a 128,211 miliardi di euro: 4,15 miliardi di euro in più rispetto al 2022 (+3,4%). Si tratta di un tasso di crescita indubbiamente superiore agli anni pre-pandemia, quando il Fondo cresceva dell’1% annuo, ma non ancora sufficiente a porre rimedio all’annoso problema di sottofinanziamento della sanità pubblica italiana che, per il combinato disposto dei fattori demografici, economici e socio-ambientali descritti in precedenza, può anzi peggiorare.
In uno scenario previsionale al 2050, infatti, quando oltre un italiano su tre avrà compiuto i 65 anni (oggi è il 23,8%) e l’indice di dipendenza degli anziani, vale a dire il rapporto percentuale tra la popolazione over-65 e quella in età attiva, aumenterà dall’attuale 37% al 70%, la spesa sanitaria potrebbe raggiungere i 220 miliardi di euro, rispetto ai 134 miliardi di euro attuali; alle previsioni di crescita attuali, si tratta di un’incidenza sul PIL del 9,5% rispetto al 7,2% del 2021, un valore quest’ultimo ampiamente inferiore alla media dei principali Paesi europei, pari all’8,5% e che, nelle proiezioni del Ministero dell’Economia e delle Finanze, è destinato a tornare al 6% circa del triennio 2017-2019.
Questi dati, presentati e discussi al XVII Forum Meridiano Sanità a Roma lo scorso 9 novembre, aprono una riflessione sulla sostenibilità economica dell’attuale modello di finanziamento del sistema sanitario, dato che la riduzione della popolazione porterà a un calo dei cittadini in età attiva e, di conseguenza, a una riduzione delle entrate dei cittadini che, pagando le imposte, contribuiscono a finanziare la spesa sanitaria. In particolare, al tasso di occupazione e all’età di pensionamento attuali, si stimano 3,9 milioni di occupati in meno, col contributo del singolo lavoratore alla spesa sanitaria destinato a raddoppiare da 5.8807 a 11.468 euro.
Le dinamiche di partecipazione al mercato del lavoro (età pensionabile, tasso di natalità e di occupazione), i flussi migratori e la pressione fiscale, sono così le variabili su cui si può agire per mantenere costante, al 2050, la compartecipazione degli occupati alla spesa. Tuttavia, dalle simulazioni del gruppo di lavoro di Meridiano Sanità, emerge con chiarezza che agire su una sola delle 5 leve, tenendo “ferme” le altre, non è sufficiente a raggiungere l’obiettivo. Ad esempio, se si aumentasse la pressione fiscale sugli individui in età lavorativa lasciando invariati rispetto ad oggi la forza lavoro potenziale, il tasso di occupazione, l’età pensionabile, i flussi migratori e il peso della spesa sanitaria sulle entrate fiscali, la pressione fiscale dovrebbe aumentare di 28,9 p.p., ipotesi irrealizzabile dal momento che implicherebbe un raddoppio della pressione fiscale, già oggi superiore alla media UE-15 (27,8%).
Diventa dunque indispensabile adottare una strategia integrata e coordinata agendo congiuntamente su tutte le leve: un possibile mix di equilibrio è dato, ad esempio, dalla promozione di politiche di incentivazione alla natalità, come i congedi parentali e i piani asili nido, e di supporto all’occupazione, a partire dalla riforma dei Centri per l’impiego, in grado di raggiungere tassi in linea con la media dei primi 5 Paesi europei, aumentando l’età pensionabile fino a 72 anni e riuscendo ad attrarre 6,9 milioni di lavoratori immigrati (3 volte i livelli attuali), soprattutto nei settori ad alto tasso di ricerca e innovazione, produttività e occupazione qualificata come quello farmaceutico e biomedicale.
Se è vero che questo mix, con adeguate politiche di prevenzione e sostegno all’invecchiamento attivo della popolazione, può assicurare la sostenibilità economico-finanziaria del nostro SSN, per garantire un Servizio sempre più forte e di qualità non si può ignorare il grande tema del personale – con un’età media avanzata e già oggi insufficiente a soddisfare i bisogni di salute di una popolazione che invecchia – intervenendo al più presto, in termini di nuove assunzioni e adeguamento dei salari, oggi nettamente inferiori a quelli dei principali Paesi europei.
Solo attraverso un piano di interventi lungimirante, che non può prescindere da una piena assunzione di consapevolezza e un impegno comune da parte della classe politica, medica e della società civile, il nostro SSN potrà affrontare la sfida la sfida della sostenibilità economica e sociale, continuando a garantendo un’assistenza equa nel rispetto dei principi di universalità, uguaglianza ed equità che lo ispirano e caratterizzano nel perimetro costituzionale.