20/01/2023
La via europea e italiana alla real world evidence: a che punto siamo?
Nell’ambito della sanità ogni giorno sono prodotti una vasta quantità di dati che, se raccolti e interpretati nel modo più adeguato, contribuiscono a migliorare il percorso di diagnosi e cura dei pazienti e allocare nel modo più efficiente le risorse a disposizione del sistema.
Nell’ambito del Documento dell’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) “Regulatory Science Strategy to 2025“dello scorso marzo 2020, la promozione dell'uso di dati Real World (RWD) di alta qualità nel processo decisionale occupava una posizione di primo ordine nella To-Do-List dell’Agenzia. All’epoca già il 40% delle aziende che richiedeva un’autorizzazione all’immissione in commercio all’EMA utilizzava dati dal mondo reale, benché in larga parte soltanto negli studi post autorizzativi sulla sicurezza e l’efficacia dei prodotti, ma, nonostante il tema dei dati fosse all’attenzione dell’EMA e delle autorità nazionali, non c’erano documenti comunitari sull’accesso e l’uso dei Real World Data.
D’altra parte, negli stessi giorni in cui veniva presentata la Strategia, il diffondersi della pandemia offriva l’opportunità di accelerare nell’utilizzo dei Real World Data creando un framework regolatorio adeguato. L’emergenza pandemica, infatti, ha favorito non solo il processo di digitalizzazione e informatizzazione della sanità, ma ha dimostrato la validità della RWE (Real World Evidence) nel valutare la sicurezza e l’efficacia di un prodotto anche sperimentale, come il vaccino per il Covid-19 sviluppato e approvato in appena 10 mesi, proprio grazie ad una procedura di valutazione accelerata basata su dati RW. Le strategie adottate a livello internazionale sono state tuttavia differenti. Negli Usa, l’FDA, la prima delle grandi agenzie globali a sistematizzare le potenzialità della RWE nel 21st Century Cures Act del 2016, aveva recepito la direttiva del Congresso di emanare una linea guida sul tema entro dicembre 2021, rilasciata in pochi mesi insieme ad altre linee guida sull’uso delle cartelle sanitarie elettroniche, dei medical claims e dei registri nel processo decisionale. In Europa l’EMA, complici i complessi meccanismi di coordinamento e codecisione a livello comunitario, ha intrapreso un percorso più lento e graduale, benché definito da un atto di indirizzo.
Dopo l’uscita, a maggio 2020, di una bozza di Guida sull’uso degli studi basati sui dati di registro quali fonte di RWD nel processo autorizzativo, definitivamente approvata a settembre 2021, 12 mesi più tardi sono stati presentati la Guida di Buone Pratiche sui metadati dal Real World, e il catalogo pubblico dei real world europei, che dovrebbe vedere la luce entro il 2023. La pubblicazione della Guida di Buone Pratiche - una serie di raccomandazioni per identificare fonti di RWD adatte a specifiche domande di ricerca e per valutare l'idoneità delle stesse fonti di dati - entro il 2022 rappresentava una delle prime scadenze del Big Data Workplan 2022-2025 da parte del Big Data Steering Group dell’EMA che, prendendo le mosse dalla Regulatory Science Strategy to 2025, stabilisce gli obiettivi intermedi per arrivare, nel 2025, alla realizzazione di un Rapporto sull’uso della Real World Evidence nel processo normativo regolatorio. Dalla pubblicazione di studi pilota sull’uso della RWE da parte dei Comitati Scientifici dell’EMA all’allargamento del Data Analysis and Real-World Interrogation Network (DARWIN EU) che, coinvolgendo partner strategici per l’accesso ai dati, dal 2025 dovrebbe portare a produrre almeno cento studi RW all’anno, per citarne alcuni.
Alla luce del lavoro dell’EMA, che può contare anche sulle numerose iniziative portate avanti dalle altre Istituzioni europee per rendere effettivo l’uso dei RWD, dall’istituzione dei registri che raccolgono i dati dei pazienti (ad es. PARENT Joint Action o European Network of Cancer Registries) alle piattaforme di condivisione dei dati, come lo European Network of Centres for Pharmacoepidemiology and Pharmacovigilance (ENCePP), diventa sempre più urgente e indispensabile dotarsi anche in Italia di strutture e strumenti normativi coerenti con l’architettura europea. Ciò significa, da un lato, valorizzare il gran numero di banche dati RW di ambito socio-sanitario di cui già si dispone, dall’altro rimuovere i diversi vincoli all’utilizzo secondario dei dati che, anche a causa di una interpretazione spesso restrittiva delle norme da parte del Garante della Privacy, viene negato in mancanza del consenso. Relativamente al primo aspetto, si tratta innanzitutto di proseguire nell’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), che destina oltre 4 miliardi di euro, in gran parte già distribuiti alle Regioni, alla digitalizzazione e all’informatizzazione della sanità, di cui 1,67 miliardi per il rafforzamento dell’infrastruttura tecnologica e applicativa del Ministero della Salute e degli strumenti per la raccolta, l’elaborazione e l’analisi dei dati a partire dal Fascicolo Sanitario Elettronico. In aggiunta, si tratta di promuovere e sviluppare le fonti di dati RW più peculiari del nostro Sistema, compresi i Registri di monitoraggio AIFA che, contenendo delle valutazioni cliniche standardizzate e puntuali nel tempo, consentono a ricercatori, medici e aziende di disporre di dati real world su un ampio ventaglio di medicinali e, grazie alle collaborazioni tra Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) e diverse società scientifiche, hanno già contribuito a importanti sviluppi scientifici in diverse aree terapeutiche, dall’oncologia al cardiovascolare, dalle malattie rare al COVID-19.
Spesso però, come è stato detto, i dati dei Registri (ma anche di altre fonti RW) non possono essere utilizzati perché mancano del consenso per l’utilizzo secondario, ragione per cui la rimozione degli ostacoli al riutilizzo rappresenta il secondo aspetto dirimente.
Attualmente, in Italia, l’utilizzo di questi dati, provenienti da un altro studio o direttamente dalla pratica clinica, da parte degli ospedali - con eccezione per gli IRCCS in via teorica – è subordinato all’autorizzazione del Garante (art. 110 bis del Codice della Privacy) che ha tempo fino a 45 giorni - un tempo chiaramente incompatibile con i tempi della ricerca, come appreso durante la pandemia - per comunicare la propria decisione. Questa procedura è però poco comprensibile alla luce del “nuovo” Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati Personali (GDPR), pienamente applicabile negli Stati Membri dal 2018, che consente di riutilizzare i dati per una finalità diversa da quella per la quale sono stati raccolti anche senza consenso informato nel caso in cui il riutilizzo non sia considerato incompatibile con le finalità iniziali, casistica in cui il legislatore europeo inserisce la ricerca scientifica (artt. 5, 89 del GDPR).
Anche in questo caso sono stati fatti dei passi avanti, anche grazie al Decreto del Ministero della Salute del 30 novembre 2021 che regola gli studi osservazionali, e in particolare alla Nota del Centro di Coordinamento Nazionale Comitati Etici di luglio 2022, un documento con valenza interna che sarà però preso in considerazione nella stesura delle nuove linee guida sugli studi osservazionali. La Nota, con riferimento agli studi real world, raccomanda ai Comitati Etici di rimuovere o limitare gli ostacoli posti al riutilizzo dei dati di ricerca da un’interpretazione piuttosto restrittiva delle norme, affermando inoltre che in alcuni casi il riutilizzo dei dati può trovare a sua base giuridica anche nel “legittimo interesse”, e non solo nel consenso.
In conclusione, la diffusione dei Real World Data e della Real World Evidence, anche per la contingenza pandemica, ha trovato parziali risposte nell’evoluzione del contesto regolatorio, sia a livello europeo sia a livello italiano. Seguendo le tempistiche europee, da qui al 2025 anche l’Italia dovrà continuare a lavorare sulla sua infrastruttura tecnologica e normativa, nella consapevolezza che, grazie ai fondi europei del PNRR da una parte, e al GDPR dall’altra, parte della soluzione proviene dalla via dell’Europa sulla RWE.